venerdì 16 novembre 2012

Curiosità sul Castello Maschio Angioino (Napoli) Italia



Castel Nuovo, meglio noto come Maschio Angioino, è uno storico castello medievale e rinascimentale, nonché uno dei simboli della città di Napoli. Il castello domina la scenografica piazza Municipio ed è sede della Società napoletana di storia patria e del Comitato di Napoli dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, ospitato nei locali della SNSP. Nel complesso è situato anche il Museo civico della città di Napoli, cui pertengono la Cappella palatina e i percorsi museali del primo e secondo piano. 
 Il castello ricostruito da Alfonso d'Aragona si presenta di pianta irregolarmente trapezoidale ed era difeso da cinque grandi torri cilindriche, quattro rivestite di piperno e una in tufo, e coronate da merli su beccatelli. Le tre torri sul lato rivolto verso terra, dove si trova l'ingresso, sono le torri "di San Giorgio", "di Mezzo" e " di Guardia" (da sinistra a destra), mentre le due sul lato rivolto verso il mare prendono il nome di torre "dell'Oro" e di torre "di Beverello" (ancora da sinistra a destra). Il castello è circondato da un fossato e le torri si elevano su grandi basamenti a scarpata, nei quali la tessitura dei blocchi in pietra assume disegni complessi, richiamando esempi catalani. 




Sul lato del castello rivolto al mare si affaccia la parete di fondo della "Cappella palatina", o chiesa di "San Sebastiano" o di "Santa Barbara", unico elemento superstite del castello angioino trecentesco, dunque di architettura gotica. Sebbene danneggiata nel terremoto del 1456, la cappella è stata in seguito restaurata. La facciata sul cortile interno presenta un portale rinascimentale con rilievi di Andrea dell'Aquila e di Francesco Laurana e un rosone, rifatto in epoca aragonese dal catalano Matteo Forcimanya per sostituire quello del trecento distrutto da un terremoto.




I sotterranei sono costituiti da due zone situate nello spazio che si trova sotto la Cappella Palatina: la fossa del coccodrillo e la prigione dei Baroni.  La fossa del coccodrillo, detta anche del miglio, era il deposito del grano della corte aragonese, ma era usata anche per segregare i prigionieri condannati a pene più severe. Un'antica leggenda narra di frequenti e misteriose sparizioni dei prigionieri a causa delle quali fu incrementata la vigilanza. Non si tardò a scoprire che queste scomparse avvenivano a causa di un coccodrillo che penetrava da un'apertura nel sotterraneo e trascinava in mare i detenuti per una gamba dopo averli azzannati. Una volta scoperto questo furono sottoposti alle fauci del rettile tutti i condannati che si volevano mandare a morte senza troppo scalpore.In seguito per ammazzare il coccodrillo si utilizzò come esca una grande coscia di cavallo e, una volta morto, venne impagliato ed agganciato sulla porta d'ingresso del Castello.
Nella fossa dei Baroni invece si presentano al cospetto dei visitatori quattro bare senza alcuna iscrizione e sono probabilmente quelle dei nobili che presero parte alla congiura dei Baroni nel 1485.


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